È di oggi la sentenza della Corte Edu nel caso Landi contro Italia che condanna nuovamente il nostro paese in un caso di violenza domestica in cui a perdere la vita per mano del padre è stato un bambino. 

Ancora una volta la Corte Edu rileva l’inadeguatezza dello Stato italiano nel tutelare le donne che denunciano la violenza domestica e i loro figli.

Ancora una volta la Corte Edu sottolinea queste carenze di fronte a un bambino ammazzato per mano del padre più volte denunciato e sottolinea l’insufficiente attivazione del sistema giudiziario.

Ancora una volta la Corte Edu evidenzia l’inadeguatezza della valutazione del rischio nel sistema giudiziario, come osservato già dal GREVIO e come ripetono da anni i Centri Antiviolenza. 

Come già nel caso Talpis contro Italia, le Autorità italiane, omettendo di agire tempestivamente dinanzi alla denuncia della ricorrente – vittima di violenza domestica, hanno determinato una situazione di impunità, che ha favorito la reiterazione delle condotte violente, fino a condurre al tentativo di omicidio della donna e all’omicidio di suo figlio.

Con questa sentenza, la Corte Edu ribadisce come, in materia di violenza domestica, il compito di uno Stato non si esaurisce nella mera adozione di disposizioni di legge, ma si estenda ad assicurare che la protezione di tali soggetti sia effettiva. L’inerzia delle Autorità nell’applicare la legge vanifica gli strumenti di tutela previsti: Lo Stato ha l’obbligo di attuare misure capaci di salvaguardare in modo efficace i beni supremi della vita e dell’integrità delle persone quando vi è un rischio immediato e reale che quei diritti possano essere aggrediti” dichiara l’avvocata Titti Carrano della Rete nazionale D.i.Re Donne in Rete contro la violenza. “Anche in questo caso, la valutazione del rischio è mancata totalmente, nonostante da anni il Grevio chieda all’Italia di sviluppare tale strumento e “garantirne un’ampia diffusione all’interno di tutte le agenzie statutarie coinvolte nella gestione dei casi di violenza di genere”. Infatti, L’Italia è ancora lontana dall’assicurare effettiva protezione alle donne che subiscono violenza e ai loro figli e figlie ed è ancora sottoposta a vigilanza rafforzata per il caso Talpis.”  Conclude l’avvocata Carrano.

Da oltre un anno, l’Italia è mancante nell’ambito della procedura di sorveglianza, non avendo dato una risposta dovuta entro il 31 marzo 2021 sulle misure adottate o previste per garantire adeguato ed effettiva valutazione del rischio e sulle informazioni sui fondi ai Centri Antiviolenza e sugli sforzi per assicurare una adeguata distribuzione di queste strutture . Il sistema formativo destinato a tutti i soggetti che intervengono nei casi di violenza è ancora estremamente carente. È ormai imprescindibile partire dalla prospettiva di genere sulla violenza come fattore fondamentale e ineludibile per dare risposte efficaci e tempestive alle donne che subiscono violenza e per non mettere a rischio le loro vite, quelle delle loro figlie e dei loro figli. Le donne e i loro figli e figlie continuano a morire perché manca una piena consapevolezza e lettura del fenomeno” dichiara Antonella Veltri, Presidente D.i.Re “Lo abbiamo chiesto due anni fa, lo richiediamo oggi: in che Stato siamo? Quante donne con le lore figlie e i loro figli devono essere ammazzate perché lo Stato decida di riconoscere la violenza maschile contro le donne almeno quando è denunciata? “ conclude la Presidente Veltri.