In questi giorni i proponenti della legge contro l’omolesbotransfobia hanno chiesto il sostegno delle donne per un avanzamento dei diritti di tutti/e.

La legge vuole prevenire violenze e discriminazioni basate su “sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere”.

Esiste una discussione che ci attraversa come rete D.i.Re e sta dentro le ragioni della nostra azione politica, nelle nostre attività quotidiane volte a superare il dominio maschile e affermare la libertà delle donne dalla violenza.

Nelle discriminazioni motivate da “sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere” ricadrebbero le violazioni dei diritti anche delle donne e dunque la violenza maschile, che trova origine, come è risaputo, in una disparità storica e strutturale di potere tra uomini e donne nella società patriarcale che viviamo.

In questo passaggio nascono le nostre perplessità. 

Riteniamo che sia importante provare ad esplorare la possibilità di comporre il diritto a non essere discriminate di gay, lesbiche e trans con i diritti non sacrificabili delle donne. Solo così potremo sostenere la legge contro l’omolesbotransfobia.

Nella Convenzione di Istanbul, nella Direttiva sulle vittime 2012/29/UE e in altre fonti sovranazionali vincolanti per il nostro Paese viene imposta la punizione dei discorsi d’odio nei confronti delle donne, insieme ai discorsi d’odio nei confronti di altri soggetti vittime di altre e diverse discriminazioni.

Riteniamo che quelli nei confronti delle donne, che subiscono violenza in quanto donne – come scrive la Convenzione di Istanbul – meritano una autonoma collocazione, ove possibile. 

La misogina, la violenza invisibile e manifesta contro le donne, ha in comune con l’omolesbotransfobia l’intolleranza per i corpi che escono dalla normatività di genere, che rifiutano l’eterosessismo obbligatorio.

Non riteniamo di chiuderci a difesa della “differenza” sessuale, e questo lo pensiamo perché nei nostri centri le donne sono accolte e supportate attraverso la metodologia dell’accoglienza in cui la parola e l’empatia sono vissute attraverso il linguaggio di un corpo sessuato.

Ben venga, dunque, una legge che, pur con tutti i suoi limiti, tenta di arginare l’incitazione all’odio verso chi oggi si fa “disertore” dell’ordine dominante. 

Crediamo che i diritti di tutti/e saranno tutelati effettivamente solo quando si riconosceranno le differenze come un valore in un’ottica inclusiva e che mira al superamento di quelle norme che il patriarcato ci ha imposto per millenni. 

Il fenomeno della violenza sulle donne ha in comune con i reati di violenza omolesbotransfobica il tratto di odio verso la diversità.

La violenza maschile sulle donne è un reato che nasce, si nutre e si alimenta nell’assetto sociale del patriarcato che governa l’ordine mondiale delle relazioni sociali, economiche, umane.

Come centri antiviolenza vogliamo salvaguardare l’imprescindibile autonomia e unicità dei centri antiviolenza nati nell’esperienza del femminismo degli anni 70: presidi, laboratori sociali intoccabili che vanno, al contrario, potenziati e sostenuti anche attraverso una programmazione e pianificazione dedicata e dunque con risorse aggiuntive e altre rispetto a quelle destinate alla creazione di presidi per vittime di violenza omolesbotransfobica.

Come Rete nazionale D.i.Re crediamo sia opportuno sottolineare l’autonomia del pensiero dei centri antiviolenza che si pone a sostegno di ogni battaglia che afferma giusti diritti e che, nell’esclusività della lettura e delle conseguenti azioni da intraprendere sul fenomeno della violenza maschile alle donne, rivendica l’importanza di evitare di inserire sul piano normativo ogni accenno che possa determinare un indebolimento della capacità dei centri antiviolenza di supportare le donne che subiscono violenza e la loro sacrosanta battaglia per affermare la libertà dalla violenza maschile.

La necessità di preservare l’esperienza e la battaglia per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne non può e non deve in alcun modo indebolire la sacrosanta volontà di contrastare la violenza omolesbotransfobica, anzi, deve essere un modo per potenziarsi, per unirsi contro chi vuole soffocare chi devia dall’ordine patriarcale dominante, uniti/e nel riconoscimento delle rispettive specificità.