COMUNICATO STAMPA

Il potere di un uomo sui corpi delle donne:

sono serviti 32 filmati in 45 giorni per fermare il primario che stuprava le colleghe, chiamandole per nome all’altoparlante del reparto

D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza esprime – innanzi tutto – la sua vicinanza alle donne che hanno dovuto subire il potere di chi pensava di poter usufruire dei loro corpi a suo piacimento.

Sappiamo che la cultura dello stupro implica la normalizzazione della violenza sessuale attraverso diversi meccanismi sociali, tra cui quello di non credere alla donna: dopo due denunce, anche se una era stata ritirata, era necessario filmare 32 stupri per credere alle donne e fermare la violenza?

Forse è anche questo clima che consente, ancora oggi, a un uomo potente di credere che le donne, i loro corpi, siano meri oggetti del suo personale piacere, in un ambiente di complicità, che – anziché denunciare i reati – alimentava il comportamento violento del primario.

Sappiamo bene che questo non è un caso isolato” – dichiara Cristina Carelli, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. Attraverso la violenza sessuale si vuole riaffermare un potere fondato sulla minaccia, il ricatto, la denigrazione, la colpevolizzazione e l’appropriazione del corpo delle donne” – continua Carelli. “Tutto ciò è ancora possibile perché radicato nella cultura dello stupro che legittima linguaggio sessista e misogino, molestie sessuali scambiate per approcci, ruoli stereotipati, avallati da un’onda conservatrice che tende a legittimare le reazioni maschili alla crescente libertà delle donne” – conclude la presidente