Tre donne uccise ieri, in un solo giorno: due femminicidi ad Ortona dove un ex marito ha ucciso non soltanto sua moglie Letizia Primiterra, ma anche – e non per caso – Laura Pezzella, la sua migliore amica, che l’aveva aiutata e sostenuta. Nidia Roana Loza Rodriguez è stata ammazzata nelle stesse ore a Camisano Vicentino dall’ex marito italiano, lascia una figlia di tre anni.

Laura Primiterra si era rivolta a un Centro istituzionale finanziato dal Comune di Ortona, e successivamente ai carabinieri. Ma il rischio che Laura correva non è stato correttamente valutato dalle istituzioni cui si è rivolta. Togliere le donne dal pericolo di vita è possibile ed è compito e dovere di una società civile, delle istituzioni, di tutti i soggetti coinvolti nel prevenire e contrastare la violenza maschile.

E’ evidente che l’attuale sistema non funziona. La violenza alle donne si contrasta e si previene con interventi coordinati in cui tutti, dalle forze dell’ordine ai servizi sanitari, alle scuole, opportunamente formate, fino ai Centri Antiviolenza, fanno la loro parte. È quanto sostengono da trent’anni i Centri D.i.Re che, laddove esistono le reti territoriali ne rappresentano lo snodo principale, erogando formazione e sostenendo le donne dall’accoglienza fino alle aule dei Tribunali quando la donna lo richiede.

Un Centro Antiviolenza non è un servizio qualunque, non può essere improvvisato ma, come sostiene da tempo la rete D.i.Re deve fondare i propri interventi su una metodologia di accoglienza consolidata, sancita nella Convenzione di Istanbul, basata sulla relazione fra donne. Chi interviene sui maltrattamenti e sulla violenza maschile deve ricevere una formazione specifica, attenta, specializzata, consapevole. Questo è urgente e vitale anche per le forze dell’ordine: sono troppe le denunce trascurate, ormai è un numero esorbitante quello dei femminicidi che dovrebbero e potrebbero essere impediti.

Ha dichiarato la Presidente di D.i.Re l’avvocata Titti Carrano: “E’ urgente un salto di consapevolezza da parte di tutta l’opinione pubblica, del Parlamento e del Governo. E’ indispensabile applicare subito fino all’ultima riga la Convenzione di Istanbul, definire una strategia nazionale, sostenerla con fondi sufficienti, promuovere campagne di informazione. Non è più rimandabile un’opera di prevenzione, educazione, sensibilizzazione che acceleri il cambiamento culturale e sociale”.