125 femminicidi. 125 donne morte ammazzate per mano maschile in un anno: 17 in più rispetto all’anno precedente.

A che punto dell’agenda di governo dei vari schieramenti politici si trovano la salvaguardia dei diritti delle donne, la loro libertà di vivere autodeterminandosi? Quale l’impegno a dare priorità alla libertà femminile anche attraverso il contrasto alla violenza maschile?

A poche settimane dal voto, leggiamo il dossier annuale del Viminale con apprensione crescente” dichiara Antonella Veltri, Presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “La violenza alle donne è la grande assente di questa frettolosa campagna elettorale, in un momento in cui – e i numeri del Ministero degli Interni lo certificano – dovrebbe essere trasversale e risolutivo l’intervento delle forze politiche e delle istituzioni per il contrasto di un fenomeno radicato. Abbiamo ormai la certezza che le minacce di inasprimento delle pene non sono sufficienti a contrastare la violenza maschile: è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale, che finalmente la sradichi”.

In Italia, oltre il 51% della popolazione è composto da donne e la violenza alle donne è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani.

Chi si propone al governo del Paese ha il dovere di prevedere programmi credibili e attuabili, che agiscano per arrivare all’eliminazione della violenza maschile alle donne, costruendo una società con relazioni rispettose di tutte e di tutti ponendo le basi per un rapporto diverso tra donne e uomini. 

Insieme alle oltre 20 mila donne che ogni anno accolgono e accompagnano nel percorso di libertà dalla violenza, i Centri antiviolenza della Rete nazionale D.i.Re sostengono concretamente le aspettative di vita lontana dal violento, nell’attesa che anche lo Stato riconosca tale lavoro e dia risposte utili e organiche, in ogni ambito. 

Delle tante domande che sono ancora senza risposta, chiediamo ai partiti: come pensano di risolvere una situazione legislativa complessa, sapendo che solo il 28% delle donne accolte dai Centri antiviolenza è disposto ad affrontare il percorso con la Giustizia, che a volte comporta una vittimizzazione istituzionale? E, ancora, quanto dovremo ancora aspettare perché l’attività di formazione per le Forze dell’Ordine, per la magistratura, per assistenti sociali, psicologi e medici, per il corpo docente delle scuole di ogni ordine e grado diventi obbligatoria?

Dalle forze politiche che si propongono per il governo del nostro Paese, reclamiamo risposte su punti salienti per un concreto contrasto alla violenza maschile.

  1. Come pensano di affrontare, in modo sistemico, il fenomeno della violenza maschile alle donne?

Sappiamo bene, e da tempo, che la violenza alle donne è un fenomeno strutturale, basato su radici culturali profonde. Senza un intervento sistemico e sistematico, è impossibile portare avanti un cambiamento abbastanza forte da radicarsi nella società.

  1. Quali interventi formativi sono previsti, nei programmi elettorali, per rafforzare la conoscenza del fenomeno della violenza e, finalmente, eliminare gli approcci sessisti e stereotipati presenti tra gli operatori che a vario titolo si occupano di violenza?

A partire dalle condanne inflitte allo Stato italiano da vari organismi internazionali e con il coinvolgimento dei centri antiviolenza, è fondamentale creare un sistema formativo che sappia eliminare il problema della vittimizzazione secondaria, contribuendo a creare un nuovo sistema culturale, anche coinvolgendo le istituzioni scolastiche.

  1. Quali azioni sono previste per garantire alle donne il diritto al lavoro e a una equa retribuzione?

Quali sono le strategie programmatiche sul lavoro femminile?

Durante il primo anno di pandemia, oltre il 70% dei posti di lavoro persi ha riguardato le donne lavoratrici che – quando riescono a lavorare – si trovano ancora in condizioni di svantaggio retributivo rispetto ai colleghi uomini. Questa condizione favorisce la permanenza nei rapporti segnati dalla violenza, anche a causa delle insufficienti capacità economiche per affrontare nuove condizioni di vita. 

  1. Quali sono i programmi che daranno modo alle donne di gestire le loro risorse senza subire ulteriore violenza economica? 

Ancora oggi molte donne non sono titolari di conto corrente, rischiano di essere incentivate a lasciare ai compagni la gestione anche del loro patrimonio e restano esposte, in caso di violenza economica a condizioni debitorie con conseguenze di lunga durata. I sostegni economici per i carichi di famiglia, previsti per legge, in caso di separazione o divorzio vengono riconosciuti paritariamente a uomini e donne senza considerare le diverse condizioni di ciascun coniuge o genitore. I già scarsi assegni di mantenimento riconosciuti dai tribunali, ove non pagati, non vengono anticipati dallo Stato, come avviene in altri Paesi europei. 

  1. Quali sono i programmi che metteranno in atto per garantire alle donne di diritti sessuali e riproduttivi?

In uno Stato che non garantisce l’attuazione di una legge come la 194, quali sono le politiche per ovviare alla diffusione dell’obiezione di coscienza che in alcune regioni arriva al 100%? Quale tra le forze politiche in campo si impegna a una corretta e continuativa attività di educazione relazionale e sessuale nelle scuole?

  1. Quali programmi sono stati pensati per garantire ai Centri antiviolenza finanziamenti strutturali, che consentano loro di programmare attività di medio e lungo termine a favore delle donne che richiedono il loro supporto? 

Senza la garanzia di finanziamenti costanti, le attività dei Centri antiviolenza non potranno mai arrivare a rispondere a tutte le richieste di supporto delle donne. 

Il cambiamento culturale che le organizzazioni della Rete nazionale D.i.Re praticano da oltre 30 anni è la base da cui partire per affermare il diritto delle donne di vivere una vita fuori dalla violenza.

Il contrasto alla violenza maschile alle donne non può essere un punto neutro nell’agenda politica di chi si propone per governare il Paese: è un tema centrale, che investe la vita di troppe donne.” dichiara Antonella Veltri, Presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza “Non accetteremo il silenzio e le proposizioni di facciata e strumentali che, sappiamo bene, non cambiano le cose. Il patriarcato si sconfigge se si condivide la lettura della violenza alle donne come una manifestazione di potere tra uomini e donne, che va sradicata attraverso percorsi formativi e cambiamenti strutturali. Siamo pronte a prendere parola a favore di tutte le donne che accogliamo ogni giorno” conclude Veltri.