Roma, 28 ottobre 2019. “Il quadro che emerge dalla rilevazione sui centri antiviolenza pubblicata oggi da ISTAT e relativa al 2017 conferma le criticità che la rete D.i.Re da sempre e continuamente mette in evidenza”, commenta Lella Palladino, presidente di D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, la più grande organizzazione nazionale che si occupa di violenza contro le donne: “I centri antiviolenza sono troppo pochi, con interi territori scoperti, personale solo parzialmente retribuito, risorse assolutamente al di sotto del bisogno”.

“Nel 2017 i fondi pubblici per i centri antiviolenza sono stati 12 milioni di euro, che – se divisi per il numero delle donne accolte secondo l’ISTAT – fa meno di 1 euro al giorno, 76 centesimi per la precisione”, rileva Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re ed esponente del Centro veneto progetti donna. “Una cifra ridicola, che spiega il dato ISTAT del massiccio ricorso al volontariato da parte dei centri antiviolenza, nonostante essi siano un tassello imprescindibile del Piano nazionale antiviolenza”.

Da un’analisi comparata tra i dati ISTAT pubblicati oggi e i dati raccolti nei centri antiviolenza della rete D.i.Re “emerge che delle 43.167 donne che nel 2017 si sono rivolte a uno dei 281 centri antiviolenza censiti da ISTAT, quasi la metà, vale a dire 20.137, si sono rivolte a uno dei centri antiviolenza della rete  D.i.Re”, sottolinea Palladino.

Un indicatore importante a conferma della metodologia dei centri antiviolenza D.i.Re, orientata da un’ottica di genere e incentrata sulla relazione tra donne, che garantisce segretezza e anonimato, un ascolto empatico e non giudicante e l’autodeterminazione delle scelte. Elementi indispensabili per chi si accinge ad affrontare un percorso complesso come quello necessario per ritrovare la propria autonomia”, fa notare Palladino.

Da qui bisognerebbe partire per strutturare una risposta nazionale come chiede la Convenzione di Istanbul”, conclude la presidente.