D.i.Re sostiene il ricorso alla Grande Camera della Corte europea dei diritti umani che Antonella Penati si prepara a fare dopo la sentenza della stessa corte che non ha riconosciuto la violazione dell’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti umani – che tutela il diritto alla vita – in merito alla morte di suo figlio, Federico B.

Federico fu ucciso dal padre durante uno degli incontri protetti disposti dalle autorità nonostante più volte la madre del bambino, che aveva allora 8 anni, avesse denunciato le minacce e violenze dell’uomo.

“Federico B. è l’emblema di quanto i minori possano essere esposti alla violenza da parte di uomini maltrattanti che li usano per vendicarsi nei confronti delle loro compagne”, afferma Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, “e di quanto le istituzioni continuino a non applicare la Convenzione di Istanbul, ratificata nel 2013, e in particolare l’articolo 31 che esiste proprio per evitare queste situazioni, perché si valuti sempre la sicurezza delle donne e dei loro figli nella regolamentazione dei rapporti genitoriali. Questa è vittimizzazione secondaria”.

“Ad oggi nessuno nel nostro paese si è assunto la responsabilità della morte di Federico nel corso di un incontro protetto”, fa notare Elena Biaggioni, avvocata penalista e referente del Gruppo avvocate di D.i.Re. “Per questo D.i.Re auspica che la Grande Camera riesamini la vicenda, stabilendo la responsabilità degli Stati nella valutazione del rischio di subire nuova violenza cui sono esposti i minori e le donne”.

Se così sarà “D.i.Re chiederà di intervenire come amicus curiae, come già fatto nel caso Kurt vs. Austria”, annuncia la presidente Veltri, “per rappresentare le stesse posizioni di sempre: la necessità di una attenta valutazione del rischio, la necessità di ascoltare le donne e la necessità che lo Stato protegga i minori che hanno assistito alla violenza”.