Cresce tra il 6 aprile e il 3 maggio 2020 il numero delle donne che per la prima volta si sono rivolte a un centro antiviolenza della rete D.i.Re per chiedere sostegno.

Secondo la rilevazione dati curata da Paola Sdao e Sigrid Pisanu sono 2.956 le donne che si sono rivolte a un centro antiviolenza della rete D.i.Re in questo periodo. Di queste 979 sono donne che si sono rivolte a un centro D.i.Re per la prima volta, pari al 33 per cento del totale.

Anche la rilevazione statistica del periodo precedente – 2 marzo-5 aprile 2020 – è stata aggiornata, con l’inclusione dei dati forniti ora complessivamente per entrambi i periodi da 82 centri della rete D.i.Re. Il totale delle richieste ricevute tra il 2 marzo e il 5 aprile sale a 2.983 donne, di cui soltanto 836, pari al 28%, sono stati contatti “nuovi”.

Sale dunque il numero delle donne che per la prima volta si sono rivolte a un centro antiviolenza D.i.Re, che passa da 836 tra il 2 marzo e il 5 aprile a 979 tra il 6 aprile e il 3 maggio, ovvero 143 in più, pari a un incremento del 17 per cento.

“Confrontando il numero di richieste ricevute tra il 6 aprile e il 3 maggio, ancora in pieno lockdown, vale a dire 2.956, con il numero di richieste ricevute mediamente al mese nel 2018, ultimo anno per cui è disponibile la rilevazione dati, pari a 1.643, si nota un incremento complessivo di richieste del 79,9 per cento”, fa notare Paola Sdao.

Nel complesso il dato resta comunque stabile: tra il 2 marzo e il 5 aprile sono stati 2.983 i contatti totali, mentre tra il 6 aprile e il 3 maggio sono stati 2.956, appena 27 in meno.

Aumenta leggermente tra marzo e aprile la percentuale di donne che hanno avuto bisogno di alloggio in casa rifugio che sale dal 5 per cento per periodo compreso tra il 2 marzo e il 5 aprile al 6 per cento del periodo compreso tra il 6 aprile e il 3 maggio 2020.

Ancora basso, seppure in crescita, il numero delle richieste arrivate ai centri antiviolenza della rete D.i.Re tramite il 1522: tra il 6 aprile e il 3 maggio sono state il 4,6 per cento, mentre erano state il 3 per cento nel periodo 2 marzo-5 aprile 2020.

“Questi dati confermano da un lato l’aggravarsi della violenza nella costrizione della quarantena, con l’alta concentrazione di richieste in un solo mese rispetto a mesi senza lockdown, dall’altro l’importanza del rapporto di fiducia che si crea tra operatrici dei centri antiviolenza e donne accolte”, commenta Antonella Veltri, presidente di D.i.Re.

“Inoltra bisogna tener conto della trasformazione della modalità di intervento, con un incremento notevole del lavoro delle operatrici per mantenere un contatto assiduo e presente pur nella distanza”, sottolinea Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re per il Veneto.

“È fondamentale tenere presenti questi dati ora che la Fase 2 comincia a dispiegarsi”, aggiunge Veltri. “Perché le donne avranno maggiore facilità a contattare il centro antiviolenza o recarvisi e il trend confermato delle richieste di aiuto ricevute a marzo e aprile, complessivamente triplicato rispetto al 2018, dà la misura del lavoro che ricadrà sui centri antiviolenza”.

“A fronte della crisi economica che si sta delineando, diventa inoltre ancora più urgente concepire interventi di sistema che valorizzino l’accompagnamento all’autonomia e all’inserimento lavorativo che caratterizza il lavoro dei centri antiviolenza”, aggiunge Veltri.

“Per questo il primo passo è la revisione dell’Intesa Stato-Regioni del 2014, affinché i criteri minimi per accreditarsi come centro antiviolenza rispettino la Convenzione di Istanbul e prendano in considerazione la fuoriuscita dalla violenza complessivamente, non solo come supporto legale o intervento in situazioni di emergenza”, conclude la presidente di D.i.Re.

 

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