Inma Mora Sánchez*

Lo scorso 7 novembre donne e uomini hanno camminato insieme a Madrid per dire no alle violenze maschiliste. “Violenze” al plurale perché sono tante e sono molto diverse le violenze che, ogni giorno, subiscono le donne. Sono violenze che in questo sistema patriarcale sembrano “normali”, cose di famiglia, cose private, cose che ormai fanno parte dalla nostra “cultura”. Dal 1995, in Spagna sono state uccise 1380 donne. Ma possiamo considerare normale una società che uccide donne in modo sistematico?

Le femministe in Spagna hanno detto basta. Basta al fatto che la violenza sia considerata “naturale”. Basta guardare da un’altra parte. Perché, infatti, la legge non basta.

La marcia del 7 novembre a Madrid è stata storica. Per la prima volta si parla di terrorismo machista e per la prima volta 400 associazioni e gruppi da ogni parte della Spagna hanno camminato insieme per chiedere che la violenza contro le donne diventi una questione di stato.

Sono tante e molto diverse le persone che sono scese in strada a Madrid per chiedere tutte queste misure. Uomini e donne di tutte le età e da ogni parte del paese: 300 pullman sono arrivati nella capitale, circa 20 mila persone sono arrivate a Madrid solo per la Marcia. In tutto, quasi 500 mila persone.

Dal Paseo del Prado fino alla Plaza Mayor de Madrid, le strade erano piene di striscioni che urlavano una società libera dalla violenza: Nos Queremos Vivas, El machismo es cosa de todos, Disculpen las molestias pero nos están asesinando, Ni una muerta más, ni una mujer menos…


Il colore viola ha riempito le strade. Anche il Comune di Madrid e più di 100 comuni di tutta la Spagna hanno sostenuto la marcia.

Hanno partecipato anche rappresentanti dei principali partiti politici, Podemos, Izquierda Unida, PSOE e, addirittura, anche una rappresentate del Partido Popular.

L’arrivo in Plaza Mayor è stato molto emozionante. Le urla sono diventate silenzio per sentire il manifesto, per ricordare le vittime della violenza, per chiedere di non dimenticare le donne che subiscono violenza ogni giorno, per chiedere formazione, prevenzione, un vero impegno per cambiare la realtà e costruire un mondo libero dalla violenza.

Il perché

Sono molti i motivi di questa marcia. Anzi, sono troppi. Da una parte, la legge contro la violenza del 2004 si è rivelata scarsa e insufficiente per il fatto che non considera tutte le violenze contro le donne: parla di violenza di genere, ma considera solo la violenza subita dal partner o ex partner.

Anche se il termine “femminicidio” ha origini nello spagnolo dell’America del Sud, in Spagna questa parola non fa parte della legislazione spagnola né del linguaggio usato dai media. È da poco, infatti, che la parola “feminicidio” viene usata in Spagna. Molte delle uccisioni e delle violenze subite dalle donne per il fatto di essere donne (e che dovrebbero essere considerate una forma di femminicidio) restano fuori da questa categoria e non vengono contate nelle statistiche dallo stato. Ad esempio, nelle statistiche dell’Osservatorio della violenza di genere le prostitute/prostituite uccise dai clienti non compaiono. Così, mentre il governo spagnolo parla di 45 donne uccise per violenza di genere fino al 16 novembre di 2015, il portale Feminicidio.net ha raccolto dati di 93 femicidi e altre uccissioni di donne nello stesso periodo.

Un’altra delle questioni più importanti e dimenticate dalle istituzioni è la protezione dei bambini e delle bambine che assistono o hanno assistito alle violenze. Un aggressore non può essere mai un buon padre: infatti, in Spagna 5 minorenni sono stati uccisi dal proprio padre nel 2015. A luglio è stata approvata la legge dell’infanzia che, per la prima volta, considera vittime dirette i figli e le figlie di donne che hanno subito violenza, ma le organizzazioni femministe chiedono di più: l’eliminazione dell’affidamento condiviso obbligatorio e del regime di visite ai minorenni figli di aggressori condannati. Gli uomini condannati per violenza di genere devono perdere la custodia dei loro figli o figlie.

Altre richieste al goberno

  • Il governo si deve impegnare nella prevenzione e lotta contro le violenze maschiliste. Il governo deve garantire l’assistenza e sostegno di tutte le donne in situazione di violenza.
  • La prevenzione deve essere una priorità politica, perché è l’unico modo per vincere questa lotta contro la violenza. Bisogna fare educazione di genere nelle scuole e garantire la formazione specifica di tutte le persone che lavorano e intervengono nei processi di violenza di genere, dalla polizia ai mass media.
  • Le giornaliste e i giornalisti si devono impegnare a offrire informazione adatta sulle violenze maschiliste, ad usare linguaggio e immagini non sessiste e ad allontanarsi del sensazionalismo.

Bisogna infine che tutta la società e tutte le istituzioni pubbliche si impegnino contro la violenza e, soprattutto investire nel vero funzionamento della legge. Anche se il Ministero della Sanità, Servizi Sociali e Uguaglianza del governo di Mariano Rajoy ha dichiarato in diverse occasioni di non aver fatto tagli alla lotta contro la violenza, sono stati ridotti i fondi destinati all’Ufficio del governo per la violenza di genere (un 16% in meno rispetto al 2009) e all’Istituto della Donna (un 45% in meno rispetto al 2009).

E ora?

Alcune ore dopo la manifestazione del 7 novembre, una donna di 28 anni è stata uccisa a Córdoba ed un altro uomo che aveva un ordine di allontanamento ha sparato alla sua ex compagna e alla sua ex suocera davanti al figlio di 4 anni. Poi, un’altra donna è stata picchiata a morte dal proprio partner a Gijón. È stata una settimana piena di violenza: 9 donne sono state uccise (e anche un uomo è stato ucciso dall’ex partner della sua attuale compagna).

Il patriarcato reagisce così ogni volta che noi alziamo la voce per chiedere una vita libera dalla violenza. Una vita dignitosa e libera. Ma noi non ci fermeremo. Dobbiamo cambiare la società perché non possiamo vivere in un mondo che ha reso “normale” la violenza contro le donne. Non possiamo più accettare che la vita delle donne non abbia valore per lo Stato.

Il 20 dicembre la Spagna deve scegliere un nuovo presidente e i partiti politici devono fare della lotta contro il femminicidio una priorità politica. La violenza maschilista è terrorismo. Viviamo in uno stato permanente di emergenza ed è lo Stato che deve garantire la sicurezza e la libertà dei cittadini e delle cittadine.

*Casa delle donne per non subire violenza, Bologna