A gennaio 2020 il GREVIO, Gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d’Europa, ha pubblicato il Rapporto sull’Italia, frutto di due anni di monitoraggio sull’applicazione della Convenzione di Istanbul sulla violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica nel nostro paese.

La Convenzione di Istanbul sulla violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica è stata adottata dal Consiglio d’Europa, organismo che comprende 47 paesi, nel 2012. L’Italia l’ha ratificata con la legge n. 77/2013 ed è entrata in vigore nel 2014.

La campagna “Violenza sulle donne. In che Stato siamo?”, lanciata da D.i.Re – Donne in rete contro la violenza in occasione dell’8 marzo 2020, vuole richiamare l’attenzione delle istituzioni sulle raccomandazioni fatte dal GREVIO e portarne i contenuti a conoscenza dell’opinione pubblica. Per un anno, ogni mese, questa campagna approfondirà una tematica oggetto del Rapporto di monitoraggio Grevio Italia (qui di seguito Rapporto GREVIO) e nel marzo 2021 D.i.Re farà un bilancio sull’impegno concreto dello Stato.

L’obiettivo è di far conoscere i contenuti del Rapporto GREVIO al pubblico, considerato che a 3 mesi dalla sua pubblicazione il Dipartimento pari opportunità non ha ancora adempiuto alla prima delle raccomandazioni del GREVIO, vale a dire la tempestiva traduzione e ampia diffusione del testo.

La prima tappa della campagna di D.i.Re “Violenza sulle donne. In che Stato siamo?” affronta dunque le raccomandazioni del GREVIO relative al sostegno pubblico a centri antiviolenza e case rifugio e alla raccolta dati sulla violenza, temi connessi, che l’emergenza Covid-19 ha evidenziato in tutta la loro importanza.

L’importanza della raccolta dati è uno dei punti centrali della Convenzione di Istanbul che ne evidenzia l’utilità per conoscerne il fenomeno, comprendere l’efficacia delle politiche adottate e per indirizzare le risorse impiegate.

Proprio per tale ruolo chiave, il GREVIO si occupa della raccolta dati sotto diversi punti di vista nel suo Rapporto sull’Italia.
In particolare GREVIO si è soffermato sulla modalità in cui i dati sono raccolti rispetto al principio irrinunciabile dell’anonimato per le vittime di violenza che cercano supporto, fornendo allo Stato italiano precise raccomandazioni al riguardo.

Il GREVIO esprime, infatti, forti riserve sull’interruzione dei finanziamenti ai centri antiviolenza da parte di quelle Regioni, come ad esempio la Lombardia, che condizionano l’erogazione dei fondi alla trasmissione del codice fiscale delle donne accolte; prassi non accettata da alcuni centri a costo della perdita del proprio finanziamento.

Le esperte ricordano che il rispetto della privacy e dell’anonimato delle donne vittime di violenza nella raccolta dei dati sulla violenza è uno dei criteri prioritari stabiliti anche dal Piano nazionale contro la violenza e che la eventuale richiesta di consenso alle donne minerebbe la relazione di fiducia basilare nella metodologia di accoglienza dei centri antiviolenza.

Raccomandazioni dal Rapporto GREVIO allo Stato italiano:

  • raccogliere dati sulla violenza contro le donne in maniera sistematica e a intervalli regolari
  • raccogliere dati disaggregati per tutte le forme di violenza indicate nella Convenzione di Istanbul, con indicazione del genere di vittime e autori, del rapporto esistente tra di loro e includendo anche le informazioni sulla presenza di minori testimoni e vittime
  • realizzare una rilevazione dati che permetta l’analisi del percorso dei casi nel sistema giudiziario penale per capire le lacune esistenti, i tassi di condanna ovvero di recidiva o la mancata protezione delle donne e dei loro figli/e che possono arrivare sino ai femminicidi o omicidi dei minori
  • porre attenzione nei procedimenti civili a tutti i dati necessari per analizzare la valutazione del rischio ai vari livelli
  • rispettare le disposizioni sulla protezione dei dati personali nel procedimento di raccolta, archiviazione e trasformazione dei dati al fine di garantire la tutela della vita privata e l’anonimato delle vittime.

La campagna è realizzata grazie al gentile contributo di Kering Foundation

Kering Foundation