L’Associazione Libera…Mente Donna si forma in modo spontaneo nel 1998 a Terni dall’incontro di un gruppo di donne che avvia una riflessione comune sull’identità femminile e sul ruolo sociale della donna, ispirandosi al pensiero di differenza di genere e ponendosi come luogo di elaborazione culturale per la sua valorizzazione, il suo riconoscimento e la sua diffusione. In un primo momento si realizzano incontri che hanno un’esigenza auto-formativa per poi progressivamente seguire il desiderio e la voglia di aprirsi all’esterno nell’ottica di una “solidarietà concreta” tra donne intesa sia come sensibilità e comprensione reciproca sia come volontà di stare insieme e condividere.

Nel 2008 si costituisce come associazione di promozione sociale e, nel corso del tempo, comincia ad impegnarsi sul versante della prevenzione e contrasto alla violenza di genere. Già dal 2007 però svolgeva, con socie volontarie, attività di ascolto e accoglienza per donne vittime di violenza occupandosi fino al 2009 della gestione della Casa di Accoglienza ad indirizzo segreto per la protezione ed il sostegno a donne e minori vittime di violenza di Terni. Ha inoltre collaborato attivamente, in qualità di partner di progetto, al bando “Mai più – Mille Azioni Per Impedire Ulteriori Violenze” al fine di individuare gli interventi più efficaci per il contrasto alla violenza di genere.

Una preziosa occasione di crescita culturale si ha nel 2012 quando l’Associazione realizza insieme ai Comuni di Perugia e di Terni, all’Ong Differenza Donna di Roma, il progetto “Umbria Antiviolenza“, finanziato dal bando del Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tale progetto ha portato alla selezione e formazione (dal giugno al novembre 2013) di 60 operatrici e volontarie e all’apertura dei primi Centri Antiviolenza in Umbria: nel marzo 2014 “Catia Doriana Bellini” di Perugia e nell’aprile 2014 “Libere Tutte” di Terni.

L’apertura dei CAV è stata un aspetto molto importante sia per l’Associazione, sia per la regione Umbria che era l’unica, insieme al Molise, a non avere, nel proprio territorio, Centri Antiviolenza che garantissero anche la residenzialità.  Dopo poco più di due anni di attività, i servizi che l’Associazione gestisce non sono soltanto i due CAV con 10 posti letto a Perugia e 8 a Terni, ma anche due case di semi-autonomia e due case rifugio con altri 16 posti letto. Le donne accolte nei CAV di Perugia e Terni sono state 308 nel 2015 e 228 già a metà 2016, un numero significativo che evidenzia l’importanza della presenza dei Centri nel territorio umbro e l’enorme lavoro svolto in questi anni per poter fare di tali strutture dei punti di riferimento per le donne all’interno della rete dei servizi antiviolenza della regione.

L’importanza del servizio che si è andato a creare si è subito manifestata poiché le operatrici, le responsabili e le corresponsabili che avevano beneficiato della formazione teorica e pratica presso i CAV di Differenza Donna, hanno risposto con una crescente professionalità e prontezza alle richieste delle donne e del territorio. Nell’arco di un anno, insieme al contributo delle socie volontarie, i Centri hanno creato collegamenti con le istituzioni, con i servizi, con le Forze dell’ordine, con le scuole di ogni ordine e grado e con la società civile, grazie all’attività formativa (ad esempio, quella presso la Questura) e ad una costante sensibilizzazione del territorio della cittadinanza e dei servizi coinvolti. Malgrado le difficoltà economiche e non solo, a distanza di due anni il nostro gruppo è sempre più motivato, soddisfatto del proprio lavoro e con tanto entusiasmo e desiderio di crescere e di continuare un progetto che l’Umbria aspettava da tempo.

La nostra forza è stata il non arrenderci di fronte alle difficoltà, il sostenerci a vicenda come colleghe e come donne,  il credere fortemente in ciò che facciamo quotidianamente. Per rafforzare la nostra professionalità e avere un confronto continuo e proficuo abbiamo ritenuto necessario organizzare incontri tematici e riunioni d’equipe a cadenza regolare (settimanale) spazi in cui ci interroghiamo sui progetti delle donne ospiti e accolte ma anche su di noi in qualità di operatrici e, ancor prima, di donne. Abbiamo lavorato affinché, in questi due anni di attività, il CAV fosse riconosciuto all’esterno come un punto di riferimento sempre crescente per quanto riguarda la violenza di genere. I risultati sono stati soddisfacenti, sia dal punto di vista legale grazie alle nostre avvocate, sia per quanto concerne i rapporti stabiliti all’esterno.  I CAV, però, per noi non sono solo un posto in cui accogliere le donne vittime di violenza ma rappresentano un laboratorio culturale che mira alla decostruzione di stereotipi e pregiudizi strutturati e radicati storicamente.

Nell’aprile 2015 l’Associazione LD ha sottoscritto il protocollo d’intesa, insieme alla Regione ai Comuni di Perugia e di Terni e alle aziende sanitarie, per l’istituzione in Umbria del servizio “Codice Rosa” nei principali Pronto Soccorso, al fine di qualificare ed ampliare il sistema regionale dei servizi di contrasto alla violenza di genere. Principale obiettivo dell’accordo è stato l’attivazione di uno sportello nei poli ospedalieri di Perugia, Terni, Città di Castello, Foligno, Spoleto ed Orvieto, con la messa a disposizione di spazi adeguati e di equipe integrate multiprofessionali debitamente formate, che hanno lavorato a stretto contatto  con i Comuni e con gli altri soggetti del sistema regionale.  Pur con tutte le criticità che si sono evidenziate, il Codice è risultato essere un altro servizio che, al pari degli altri, ha messo al centro la consapevolezza e la libertà di scelta della donna e che ha dato la possibilità a molte donne che si sono rivolte ai Ps di venire a conoscenza dell’esistenza dei CAV.

Ciò ha permesso di creare una rete anche con le Aziende Ospedaliere, di realizzare un contatto diretto tra operatrici formate sulla violenza di genere e personale sanitario e ha dato la possibilità di ampliare la conoscenza circa l’esistenza dei due centri antiviolenza in Umbria e il lavoro effettuato. Le donne che si sono rivolte ai CAV passando per il Codice Rosa sono state un numero considerevole e questo ci fa continuare a pensare che quello del Codice Rosa sia un servizio da non sottovalutare e da monitorare dall’interno, attraverso azioni di sensibilizzazione e di informazione sul fenomeno a favore dei medici, dei pediatri di famiglia, degli infermieri e di tutto il personale sanitario.