a cura di: Sigrid Pisanu e Paola Sdao (D.i.Re)

Le risposte dello Stato in materia di raccolta di dati amministrativi rappresentano azioni estemporanee – quali ad esempio la raccolta di dati per verificare l’applicazione del cosiddetto “Codice Rosso”, quella sulle richieste di aiuto al numero 1522 e sul monitoraggio dell’impatto del Covid-19 sulla violenza domestica – poiché non si basano su una prospettiva di continuità e pianificazione a lungo termine. 

Eppure la necessità di creare un sistema completo e integrato è stata ribadita in vari documenti e leggi. Nonostante ciò, manca ancora una sistematicità nella raccolta dati da parte delle importanti fonti istituzionali in ambito sanitario, legale e sociale.

In questa direzione sembrava muoversi il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere 2017-2020, prevedendo un progetto per la creazione di un sistema integrato di raccolta ed elaborazione dei dati. L’accordo tra DPO e ISTAT aveva assegnato il compito a quest’ultimo, a partire dall’inizio di settembre 2018. Anche l’ultimo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023 sottolinea la necessità di creare un sistema integrato di dati sulla violenza e stabilisce un nuovo accordo tra DPO e ISTAT per estendere la condivisione dei dati.  

Attualmente, sulla base di questo accordo, l’ISTAT ha realizzato le “Rilevazioni sui centri antiviolenza, sulle case rifugio e sulla loro utenza“. Tale sistema informativo è un sistema multi-fonte alimentato principalmente da informazioni raccolte dai centri antiviolenza. Questo carico di lavoro, richiesto per legge, spesso non è sostenibile dai centri a causa della mancanza di risorse umane e finanziarie e per questa ragione lo Stato dovrebbe sostenere economicamente, attraverso un finanziamento adeguato, la raccolta dati da parte dei centri antiviolenza. 

Altra azione governativa in cui, ancora una volta, si fa riferimento alla raccolta dati, risale alle disposizioni della legge n. 53/ 2022 sulla raccolta dei dati di genere, la quale all’articolo 2 definisce gli “obblighi generali di raccolta dati”.

Tuttavia, questa legge:

  • non identifica chiaramente le fonti dei dati;
  • non definisce “come” i diversi soggetti debbano raccogliere i dati, non garantendo quindi né la standardizzazione né l’armonizzazione dei dati stessi;
  • non obbliga i soggetti preposti ad elaborare e diffondere dati disaggregati per “genere e disabilità”, ma soltanto per “genere”;
  • non prevede alcun tipo di sostegno finanziario ai soggetti responsabili dell’implementazione dei vari sistemi di raccolta dati, che dovrebbero confluire in un unico sistema integrato;
  • non prevede la raccolta di dati statistici sulla violenza nei procedimenti civili (ma solo in quelli penali), nonostante la Commissione sul femminicidio abbia più volte sottolineato la totale mancanza di dati in tale ambito.

Ad oggi, quindi, non ci sono segni di implementazione di un sistema integrato di raccolta dati.

Dal punto di vista, infine, delle indagini sulla popolazione l’Italia non ha dato seguito alla raccomandazione del GREVIO di continuare a svolgere indagini sensibili al genere.  Dal 2014, infatti, l’ISTAT non ha condotto né pubblicato alcuna nuova indagine generale sulla violenza contro le donne. L’unico e ultimo rapporto realizzato su stereotipi e pregiudizi risale al 2019.