Marta Picardi*

Mi chiamo Marta. Faccio la volontaria al Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino” di Cosenza dal 2013.

Ho 25 anni e sono una sociologa; sto per conseguire la laurea magistrale di assistente sociale specialista. Mi sono avvicinata al Centro per caso. Ma oggi comprendo che mai niente accade per caso.

In prima persona e in giovanissima età ho conosciuto molte volte la violenza che ho scambiato per troppo amore, ma, forse per la paura di guardarmi dentro e riconoscermi, negli anni di impegno per il sociale che hanno preceduto la mia esperienza al Centro non mi sono mai occupata di questo argomento. Ho vissuto alcuni anni al Nord Italia ed ero sicura che non sarei più ritornata indietro. Ma la vita è quello che succede mentre tu sei impegnata a fare progetti e, infatti, circostanze tragiche mi hanno costretta a ritornare.

La speranza che ha accompagnato il mio ritorno era quella di migliorarmi e di migliorare la mia terra così martoriata da continua deprivazione e malaffare con tutto quello che avevo appreso vivendo e studiando fuori. Eppure, una volta tornata, ho trascorso un intero anno senza voglia di fare più niente per nessun altro, sentendomi svuotata dal dolore e ritenendomi non all’altezza di questo compito.

In questo periodo di profondo sconvolgimento interiore, una collega di università e amica mi ha suggerito di seguire il corso di formazione tenuto dal Centro allo scopo di ampliare i miei orizzonti e risvegliare il mio sopito attivismo. Ho accettato la sfida, e da lì in poi ho trovato una nuova dimensione di vita.

Una sfida con me stessa

La mia storia al Centro è stata prima di tutto una sfida con me stessa, con i demoni che mi facevano sentire colpevole di ciò che avevo vissuto e il paradosso di sentirmi, in fondo, costantemente una vittima che si piangeva addosso per ciò che aveva subito.

Le prime accoglienze erano come guardarmi allo specchio perché riconoscevo, nelle parole delle donne, quelle giustificazioni e convinzioni che agli altri sembravano insensate ma che rappresentavano i pilastri del mio mondo, rivedevo la vergogna e quel bisogno sfrenato di sentirmi “normale”, di confondermi in una folla, perché gli altri non avessero coscienza di ciò che vivevo. Pensavo che il resto del mondo non avrebbe compreso le mie ragioni, credevo che nessuno sarebbe stato in grado di capirmi. L’aver provato tutte queste sensazioni mi ha reso evidente l’enorme importanza dell’approccio metodologico scelto dal Centro attraverso il dialogo e il confronto delle esperienze e delle storie delle donne, e, in particolar modo, mi ha reso consapevole che non ero e non sarei mai stata sola e incompresa come credevo, ma che anzi la mia voce avrebbe potuto fare la differenza per qualcun altro.

Ho smesso di essere vittima

Ho imparato, grazie alle donne del Centro, a conoscermi nel profondo comprendendo le ragioni di quello che mi era accaduto, ma soprattutto, ho smesso di essere vittima e ho cominciato a divenire artefice di quello che da lì in poi sarebbe stato il mio destino. Smettere di essere vittima per me ha significato riprendere in mano la mia vita e trasformare tutto ciò che mi aveva fatto male nella ricchezza di qualcun altro.

Il rapporto che ho instaurato con le mie compagne del Centro mi fa sentire forte e sicura di me, perché so che ho sempre qualcuno su cui contare che non mi giudica e mi accetta per ciò che sono, con le mie imperfezioni e i miei difetti.

Non ci sono parole per descrivere quanto la mia esperienza di volontaria al Centro mi abbia fatto crescere e rinforzata emotivamente e professionalmente. Tutt’oggi sento di apprendere ogni giorno qualcosa e, contemporaneamente, di voler contribuire attraverso il mio vissuto e la mia professione.

Le mie maestre sono guerriere

Mi ritengo fortunata perché le mie “maestre” al Centro sono “guerriere” che inseguono un ideale in un momento e in un luogo in cui pochi lo farebbero.

Inoltre, la mia esperienza al Centro mi ha consentito di sentirmi parte di un intero movimento nazionale di donne che in tutta Italia, con storie e appartenenze diverse, si occupano delle stesse cose e combattono per gli stessi ideali. Tutto ciò per me ha avuto enorme significato, restituendomi un motivo per continuare a vivere e una prospettiva di futuro.

Vivere all’interno di un Centro antiviolenza è un’esperienza “totale” che assorbe la mente ma più di tutto il cuore, perché le ragioni della nostra lotta appartengono alla storia di ogni donna. Infatti, la lezione più importante che ho imparato è che ogni donna sono io, ma soprattutto, che ogni donna può essere me.

*Centro Roberta Lanzino, Cosenza