La violenza maschile sulle donne è un fenomeno sommerso. Tanti e molteplici sono i motivi per cui le donne fanno molta fatica ad uscire dalle situazioni di maltrattamento tra le mura domestiche. Uno di questi riguarda proprio il fatto di non disporre di sufficiente autonomia economica e il non sentirsi adeguate o in grado di poter trovare lavoro, come effetto anche della violenza psicologica che porta all’annientamento dell’autostima. Oltre a questo, di fatto, quando una donna intraprende un percorso di fuoriuscita dalla violenza incontra spesso enormi difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro e di conseguenza acquisire un’autonomia economica. 

L’esperienza dei Centri antiviolenza con le donne coinvolte in situazioni di violenza ci ha portate a riconoscere l’intimo e necessario legame tra l’uscita dalla violenza e il recupero della piena autonomia sotto il profilo sociale ed economico. Il processo di empowerment sociale ed economico, volto a garantire il benessere generale delle donne, a favorirne l’indipendenza e l’autonomia nelle scelte, nonché a ridurre la vulnerabilità e l’esposizione alla violenza, assume un’importanza fondamentale per rendere davvero concreto ed efficiente ogni percorso di fuoriuscita dalla violenza. Infatti, sebbene sia fondamentale agire con sistemi di protezione ed accoglienza per preservare la vita delle donne, è altrettanto fondamentale mettere in atto interventi globali che puntino a evitare che il vissuto di violenza si traduca in un vero e proprio “svantaggio sociale” e a far sì che ciascuna riscopra la capacità e il potere di affrontare i problemi e le questioni che la riguardano in modo autonomo e indipendente.

Tutto questo rende necessario prevedere interventi diversi in diversi momenti nel percorso di costruzione della propria indipendenza delle donne, a seconda delle esigenze specifiche del momento: percorsi di empowerment e di sostegno all’autostima, misure di sostegno al reddito, accesso a servizi di qualità e a prezzi accessibili, programmi di inserimento lavorativo sono componenti di interventi diversi all’interno di una strategia integrata. 

Uno dei bisogni più importanti che emerge dai percorsi con le donne riguarda la gestione dei carichi di cura, che impatta significativamente sulla vita delle donne, in particolare sulle loro opportunità di inserirsi e re-inserirsi nel mondo del lavoro. Alla generale e cronica assenza di servizi per l’infanzia o di assistenza per familiari anziane/i, si aggiunge infatti, da un lato, la mancanza di una rete familiare e/o amicale, che spesso caratterizza la vita delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza, e, dall’altro, la difficoltà di accedere alle misure di welfare a causa di procedure burocratiche standardizzate che non rispondono alle necessità specifiche delle donne che hanno subito violenza e che spesso impediscono loro di beneficiarne (es. richiesta della residenza come requisito per usufruire di alcuni servizi, difficoltà a uscire dallo stato di famiglia del maltrattante o di ottenere un ISEE separato da quello del maltrattante).

Oltre a questo, emerge anche la difficoltà a mantenere il posto di lavoro dovendo conciliare i tempi di vita che nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza si complicano con una serie di ulteriori impegni che le donne devono assolvere, per esempio gli incontri con i servizi socio sanitari, i colloqui al centro antiviolenza e le udienze in tribunale che richiedono una preparazione prima e un tempo di recupero successivo. Se il congedo specifico per donne vittime di violenza è stata una misura importante, preme anche dire che è una conquista a metà perché spesso le donne avrebbero bisogno di più tempo rispetto a quello previsto dal congedo. Importante quindi rimane ancora il riconoscimento dei luoghi di lavoro rispetto ai bisogni specifici delle donne coinvolte nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, creando ambienti accoglienti, non giudicanti e che facilitino le loro vite. 

Per questo, D.i.Re è impegnata nella formazione nei luoghi di lavoro rispetto alla complessità del fenomeno e delle possibilità per lavoratori e lavoratrici di essere attori attivi di cambiamento culturale e di sostegno concreto a colleghe che si trovano in situazioni di violenza.