In molti paesi, a tante latitudini diverse, le donne si organizzano, sfilano, occupano collettivamente strade e piazze. I corpi delle donne e la protesta, internazionale e radicale, che parla in loro, sono l’espressione più straordinaria di cui il mondo è testimone in questo momento. Quest’onda globale se posta sotto i riflettori e viene illuminata non cambia posa, non si atteggia per l’occasione. Semplicemente si rivela.

All’indomani della immensa manifestazione a Roma del 26 novembre si avverte una carsica e torrenziale corrente che circola. Le donne ne siamo artefici e contaminate. Non è facile declinare separatamente l’impatto del corso ininterrotto di stagioni di lotte che si rincorrono ciclicamente, dalla sferzata pungente di un vento nuovo che, da più parti, ci soffia addosso. Molte avvertono, in questo confluire, dentro la marea che abbiamo sollevato e trasportato, la difficoltà a distinguere il confine tra sè stesse e la forza del movimento che le porta e che trasportano.

Ci sono momenti, nel corso della storia, che, chi ha la fortuna e la responsabilità di viverli, standoci dentro, creano degli inediti cortocircuiti e c’è un interscambio vitale tra il dentro e il fuori. In questi momenti si intensifica la luce che comunica il fissarsi delle svolte. Sono passaggi epocali, geyser della storia, attraverso cui si segnano e si individuano tappe, snodi fondamentali.

Oggi sulla linea del tempo e della storia c’è uno step che porta il nome dei movimenti femministi attivi in tutto il mondo.

Chi sta dentro questi momenti di passaggio, ne è travolto e a sua volta li trascina.

Quando si legge una poesia non è necessario capire tutto e subito. Le parole provocano uno strano trambusto, un misto di pensiero emozionato e di emozione pensante, di rimandi sentimentale e concettuali, che non si spiegano. Allo stesso modo in questo momento c’è un infinitesimale e grandioso groviglio di ragioni e sentimenti che attraversa le donne e le società, anche laddove il movimento non è ancora emerso.

Oggi, finalmente, i geyser dei movimenti femministi di tanti paesi spuntano e sboccano dalla terra. Sono un sintomo e una conclamazione della potentissima vitalità e forza delle donne di culture, estrazioni, lingue, generazioni diverse.

Noi donne siamo unite da una primaria esperienza comune che la volontà di potere e di controllo maschile ha esercitato, imperversando nelle nostre vite. Siamo anche unite da una comune volontà e forza di affermazione e opposizione.

Il corpo e il cuore del mondo il 26 novembre a Roma, come prima in Messico, Guatemala, Polonia, Germania, Brasile, Argentina, Turchia ecc. si sono mostrati nell’atto di agire e generare una trasformazione. Con questa lotta le donne hanno fatto confluire nel presente il vissuto, le storie e la visione del futuro. Ne è derivato un incredibile cortocircuito, il cui impatto politico/esistenziale è vissuto e leggibile. È sotto gli occhi di tutte/i.

La macchina organizzativa, pensante e senziente di questa poderosa manifestazione, insieme alla Rete Io decido e all’Udi è stata l’associazione Nazionale Dire che riunisce 77 centri antiviolenza. I centri antiviolenza sono fra i soggetti attrattori e propulsori di un impegno politico e culturale in grado di agire il cambiamento. Hanno il polso e registrano la temperatura di quanto di più profondo e violento si perpetua e si riproduce nella nostra società. In questi luoghi e nelle persone che li animano, si concentra l’orrore della violenza in tutte le sue declinazioni ma anche lo splendore di un quotidiano lavoro di costruzione di libertà. Per questo è stata così appassionata e radicale la nostra presenza. La giornata del 26 novembre per le donne che lavorano nei centri antiviovelnza ha l’effetto di una cartina al tornasole. Rivela in un attimo ciò che preesiste e dura nel tempo.

Il 27 a Roma, presso la facoltà di Psicologia in migliaia, suddivise in gruppi tematici hanno discusso i contenuti di un Piano Nazionale Antiviolenza Femminista. Partendo dal racconto dell’esistente, dalle critiche, dalla valorizzazione delle buone pratiche per arrivare a delle proposte da sottoporre al Governo. La parola Femminismo recupera spazio e legittimità. Le analisi della realtà e della sua trasformazione si connotano, oggi, come in passato, nella riflessione e nei desideri delle donne come un imponente progetto di trasformazione del mondo che aggredisce e riformula tutti i campi dell’esistenza. È un puzzle che riguarda tutte e tutti.

Gli organi di stampa quasi lo ignorano? Peggio per noi, ma pure peggio per loro, e per chi ne pilota scelte e orientamenti. Saranno costretti a riconsiderare le ragioni, la forza e la vitalità del femminismo.

perchè

La liberazione non è un’utopia

Contro la violenza per la libertà siamo una marea che vi travolgerà

Anna Petrungaro, Centro Contro la Violenza alle Donne Roberta Lanzino – Cosenza