Diritti delle donne: sui fondi antiviolenza dati poco trasparenti. Le considerazioni di #donnechecontano

A livello regionale, solo per Veneto, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia è disponibile la lista dei centri antiviolenza che hanno beneficiato dei fondi. Tra gli altri enti locali, solo le ex province di Firenze e Pistoia forniscono informazioni complete.

ActionAid, Wister e D.i.Re organizzano un dibattito con istituzioni nazionali e regionali per portare proposte volte a promuovere la trasparenza nella gestione dei fondi stanziati contro la violenza

Roma, 20 novembre 2015 – Solo sette amministrazioni locali fanno sapere in modo chiaro e trasparente come stanno utilizzando i fondi per contrastare la violenza sulle donne stanziati dal governo. Per tutti gli altri enti locali, i dati sono irreperibili o molto frammentari. E’ una mappa con molti buchi neri quella presentata oggi da DonneCheContano, piattaforma open data ideata da ActionAid in collaborazione con Dataninja, in occasione dell’incontro “Sulla violenza voglio vederci chiaro” organizzato con Wister (Women for Intelligent and Smart Territories) e D.i.re (Donne in Rete contro la violenza).  

Per cinque Regioni è stato possibile reperire la lista dei centri antiviolenza che hanno ricevuto o riceveranno i fondi stanziati per il biennio 2013/2014: Veneto, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia. Oltre che per queste Regioni, le liste sono disponibili per le due ex province di Firenze e Pistoia. Per altre amministrazioni, i dati sono deducibili reperendo altri atti amministrativi (Abruzzo) o per via del numero ridotto di strutture presenti (Valle d’Aosta e Basilicata). Per il resto delle Regioni, non è stato invece possibile reperire alcun dato.

A ridosso della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, ActionAid ha analizzato anche la reperibilità online delle strutture a cui sono destinati i fondi. Già dall’analisi delle delibere regionali, infatti, è emerso che non sempre i dati relativi al numero dei centri antiviolenza combaciano con quelli del documento di riparto della Conferenza Stato-Regioni. Si tratta di una delle molte difficoltà riscontrate nel monitoraggio. In alcuni casi, come in Abruzzo, la ripartizione è avvenuta sulla base di liste di centri che avevano beneficiato in passato di fondi erogati tramite bandi regionali e non a seguito di una mappatura completa delle strutture esistenti. Una procedura che comporta il rischio di escludere alcuni centri dai finanziamenti senza validi motivi.

“La mancanza di dati e informazioni complete su come sono stati spesi i fondi stanziati attraverso la Legge 119/2013 rimane un fatto grave. Ribadiamo la necessità che tutte le Regioni pubblichino online un resoconto completo sull’uso dei fondi e che il Governo fornisca a sua volta una rendicontazione accurata partendo dalla reportistica ricevuta dalle Regioni. Solo il Governo possiede tutte le informazioni e può quindi fornire un resoconto completo. La trasparenza è un presupposto per poter valutare gli interventi e disegnare strategie future.” afferma Marco De Ponte, Segretario Generale di ActionAid.

“Abbiamo lavorato a una prima raccolta indipendente di dati sul finanziamento ai 74 Centri Antiviolenza che costituiscono la nostra Rete”, dichiara Titti Carrano, avvocata e Presidente di D.i.Re. “In sole sei Regioni c’è stato confronto fra l’Ente locale e le Associazioni per impostare la spesa. Le mappature regionali sono state fatte solo in alcuni casi e sempre senza verifiche sul campo. Nella stragrande maggioranza delle Regioni i finanziamenti non sono ancora stati spesi e talvolta non si è provveduto neppure all’impegno. Molti uffici regionali tendono a distribuire le risorse a fruitori non specializzati, anche senza alcuna esperienza. Manca una valutazione delle priorità per le donne che subiscono violenza, che può essere fatta soltanto ascoltando i Centri e le Case che operano già da anni e conoscono bene le fragilità del sistema.”

“Secondo i risultati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano – afferma Flavia Marzano, ideatrice della Rete Wister e Presidente degli Stati Generali per l’Innovazione –  gli open data contribuiscono a creare maggiore trasparenza nei processi, spingono la PA ad innovare e digitalizzare. Come donne della rete WISTER abbiamo deciso di supportare l’iniziativa di ActionAid perché convinte che gli open data possano rendere virtuoso l’uso del denaro pubblico. In questo contesto, gli open data possono contribuire alla diffusione della conoscenza aiutando a replicare le iniziative più efficaci, andando dritti al concreto. Abbiamo bisogno anche di questo per lottare contro la violenza di genere.”

Ad oggi le strategie adottate sono molto disomogenee. L’analisi di DonneCheContano mostra ad esempio che il finanziamento medio per centro antiviolenza e casa rifugio varia molto da Regione a Regione: circa 60mila in Piemonte, 30 mila in Veneto e Sardegna, 12mila euro in Puglia, 8 mila in Sicilia, 12 mila nelle ex province di Firenze e Pistoia, 6mila in Abruzzo e Val d’Aosta. Si tratta di un punto cruciale, perché i fondi erano stati stanziati anche per garantire un funzionamento adeguato dei centri, non solo la loro sopravvivenza.

In Veneto – una delle Regioni più trasparenti – non si è riusciti ad erogare tutti i fondi stanziati tramite bando per carenza di strutture idonee. Un paradosso, considerato il problema della continuità dei fondi per molti centri in Italia. Tra le Regioni più trasparenti c’è anche la Sicilia, che ha reso reperibile la lista dei centri ma ha deliberato in ritardo – nella primavera del 2015 – rispetto alla scadenza fissate dal Governo a fine dicembre 2014.

“Da tutti questi elementi è possibile dedurre importanti raccomandazioni per i futuri riparti: bisogna in primo luogo assicurare che i fondi per il 2015 e gli anni futuri siano erogati nei tempi più rapidi possibili. E’ inoltre essenziale prevedere una mappatura accurata dei centri antiviolenza e fondi adeguati per il loro funzionamento. Infine, gli atti e i dati devono essere disponibili e facilmente reperibili sia sul sito delle Regioni sia su quello del Dipartimento Pari Opportunità”, conclude De Ponte.

Dichiarazione di Titti Carrano
avvocata e Presidente di D.i.Re

“Anche noi della Rete Nazionale de centri Antiviolenza (D.i.Re) abbiamo lavorato in questi mesi a una prima raccolta indipendente di dati sul finanziamento ai 73 Centri Antiviolenza che costituiscono la nostra Rete.
Il primo clamoroso dato che vogliamo portare all’attenzione dell’opinione pubblica è in sole sei Regioni è avvenuto un confronto o un reciproco scambio di informazioni fra l’Ente locale e le Associazioni, eppure è evidente che si tratta di un confronto indispensabile per impostare coerentemente la spesa.
Inoltre solo in pochissimi casi sono state fatte le mappature regionali delle necessità e delle risorse presenti sul territorio, e anche in questi rari casi senza verifiche sul campo e senza alcuno scambio con le Associazioni. Noi abbiamo sempre contestato questo metodo, perché porta inevitabilmente a disservizi e inefficienze.
Un’altra informazione rilevante che emerge dalla nostra indagine è che, nella stragrande maggioranza delle Regioni, ad oggi novembre 2015 i finanziamenti non sono ancora stati spesi e talvolta non si è provveduto neppure all’impegno delle risorse. Abbiamo osservato che molti uffici regionali preposti a questo compito non hanno sufficiente competenza in materia, e quindi tendono a distribuire le risorse a fruitori non specializzati, perfino senza alcuna esperienza di lavoro sulla violenza contro le donne. Manca completamente una valutazione delle priorità in termini di vantaggio per le donne che subiscono violenza. Una valutazione del genere non può essere fatta senza ascoltare il parere e cercare il consiglio dei Centri e delle Case che operano già da anni sui territori, e quindi conoscono bene le fragilità e i punti di forza del sistema.
Inoltre è molto difficile, e talvolta impossibile, accedere alle informazioni sulla ripartizione dei fondi e sui criteri che la guidano. Servono atti pubblici disponibili sull’ Internet, graduatorie e monitoraggio degli interventi disponibili, per garantire trasparenza, correttezza, efficacia dell’intervento pubblico.
Tutti questi dati convergono in una sola direzione, e ci portano a una sola conclusione, e cioè che ciò accade non per inefficienza o incapacità, ma per una precisa scelta politica. Non solo la violenza contro le donne, a dispetto delle emergenze mediatiche e delle dichiarazioni formali del Governo, non è una priorità, ma c’è una volontà di cancellare e trascurare la competenza dei Centri antiviolenza, distribuendo i fondi anche a soggetti privi di esperienza e di qualifiche adeguate, e mescolando questo tema specifico a quello generico del welfare, del resto sempre più impoverito.
Questo è un grave errore, con conseguenze incalcolabili sulla vita delle donne e delle generazioni future. In un Paese dove il benessere, la salute, l’educazione dei giovani, la civile convivenza, la non violenza fossero al centro delle politiche, una rete nazionale come la nostra, efficiente a dispetto delle difficoltà, aggiornata e moderna, riconosciuta a livello internazionale, dovrebbe essere motivo di orgoglio, considerata una grande risorsa per l’Italia, e valorizzata”.

Prime notzioni sull’attuazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 luglio 2014 – Ripartizione delle risorse relative al «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità» 2013-2014 di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 93 del 2013.
Maria Rosaria Lotti.

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