Ennesimo femminicidio dopo la denuncia. Pena sospesa grazie a percorso riabilitativo: chi pensa alla protezione delle donne?

Ancora una donna morta ammazzata per mano dell’ex marito, che aveva lasciato e denunciato.
Dal caso Talpis nel 2017, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia altre quattro volte per la mancata valutazione del rischio e l’assenza di protezione delle donne dopo la denuncia, eppure la Giustizia italiana continua a perpetrare errori di valutazione che costano la vita alle donne.
Sulla base di quanto riportato dai media, siamo di fronte a un patteggiamento ad otto mesi con sospensione della pena subordinata alla frequentazione di un percorso maltrattanti, evidentemente senza effettuare idonea valutazione del rischio.
Lo abbiamo ripetuto più volte: la sospensione della pena deve essere concessa solo previa adeguata e aggiornata valutazione del rischio. Il percorso di riabilitazione in un centro per uomini maltrattanti non è una protezione per le donne che denunciano.
“Ci troviamo nuovamente a scrivere e parlare di come si sarebbe potuta evitare la morte di una donna per mano dell’uomo che aveva denunciato. Mariella Marino doveva essere protetta da chi, al contrario, ha deciso che il percorso riabilitativo sia di per sé tutelante nei confronti della vittima.” dichiara la presidente di D.i.Re, Antonella Veltri. “La violenza maschile contro le donne si ripropone sempre con le medesime modalità e ormai si sa che senza un’accurata valutazione del rischio – prassi nei Centri antiviolenza della Rete D.i.Re – le donne restano in balia dei maltrattanti da cui vogliono allontanarsi. A quando l’attivazione seria e puntuale delle raccomandazioni che da anni arrivano sia dai Centri antiviolenza che da GREVIO e da Corte Europea dei Diritti dell’Uomo?” conclude Veltri.

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