D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, la rete nazionale dei centri antiviolenza, non festeggia l’approvazione del Codice Rosso, nonostante l’attesa norma sul revenge porn.

“Le obiezioni sostanziali espresse nel corso delle audizioni non sono state prese in considerazione da un testo governativo blindato che riflette una percezione della violenza contro le donne come fenomeno emergenziale da affrontare esclusivamente con misure penali e securitarie, nonostante i fatti dimostrino ampiamente che si tratta di una manifestazione strutturale della disparità di potere tra uomini e donne”, dichiara Lella Palladino, presidente di D.i.Re, Donne in rete contro la violenza.

Non aver previsto risorse finanziarie né un ruolo chiave per i centri antiviolenza, che pure nel corso di oltre 30 anni hanno dimostrato numeri alla mano – oltre 21.000 donne accolte ogni anno solo nei centri D.i.Re –  di essere l’unico presidio per le donne che vogliono uscire da una relazione violenta, “depotenzia totalmente le misure previste per la formazione del personale giudiziario e di polizia”, aggiunge Elena Biaggioni, avvocata penalista e coordinatrice del Gruppo avvocate di D.i.Re.

E i 3 giorni che passeranno da quando una donna vittima di violenza sporge denuncia a quando un magistrato la ascolterà per predisporre eventuali misure di protezione “costituiscono un margine pericoloso o inutile. Pericoloso, perché non è detto che la donna sia in sicurezza. Inutile, perché se la donna non è pronta e non è sicura, non racconterà nulla o minimizzerà”, sottolinea Biaggioni. “Questa misura non farà altro che scoraggiare ulteriormente le donne a denunciare la violenza”.

Il Codice Rosso passa ora al Senato, ma “se l’atteggiamento del governo resterà quello tenuto nel corso del dibattito alla Camera, questa legge sarà solo l’ennesimo proclama inutile sulla pelle delle donne”, dichiara Lella Palladino, presidente di D.i.Re.

“Donne contro le quali il governo continua ad accanirsi, indifferente ai loro bisogni, anche quando dichiara a gran voce di voler tutelare la famiglia e favorire la natalità, tagliando i bonus baby sitter”, prosegue Palladino, “e dunque limitando nei fatti la possibilità di conciliare maternità e lavoro, perché evidentemente è il lavoro di cura gratuito delle donne iscritto nella società patriarcale l’unica misura di welfare che questo governo riesce a immaginare”.

“Donne sulle quali pesa la minaccia di una modifica del Codice della famiglia, attraverso il Ddl Pillon e gli altri disegni di legge collegati, che completa un quadro di restaurazione patriarcale delle relazioni tra uomini e donne che il governo sta continuando a portare avanti e contro il quale continuerà la ferma mobilitazione di D.i.Re”, conclude Palladino.