Lella Palladino*

È appena partito, promosso dal Dipartimento per le pari Opportunità, il percorso di condivisione del Piano nazionale antiviolenza che vede coinvolte nei diversi gruppi di lavoro i Ministeri e le Associazioni di donne e altre associazioni componenti l’Osservatorio nazionale contro la violenza.

Ci auguriamo questa volta che la nostra presenza riesca ad incidere nelle politiche nazionali e a metter fine ad un periodo di interventi straordinari, frammentati, inefficaci    diversamente dal precedente iter di condivisione sia del Piano Nazionale Straordinario vigente che del documento dell’Intesa che, nonostante il nostro costante impegno, non ha generato i risultati sperati ed ha invece prodotto un Piano inapplicabile e disatteso e una definizione dei requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio che abbiamo disapprovato e contestato perché non rispondente alle raccomandazioni europee e soprattutto non rispondente ai reali bisogni delle donne.

Le conseguenze generate da questo quadro normativo sono state più volte oggetto delle nostre denunce politiche e hanno determinato il disastroso scenario che ha visto adottare politiche istituzionali di prevenzione e contrasto della violenza maschile contro le donne con un’ottica neutra, emergenziale, securitaria, mirata al depotenziamento dei centri antiviolenza femministi, al tentativo di ridurli a mero servizio, all’azzeramento della loro dimensione politica. Del resto, l’innegabile fallimento del governo si è evidenziato incontrovertibilmente con il rapporto della Corte dei conti sulla pessima gestione dei fondi delle risorse finanziarie per l’assistenza e il sostegno alle donne vittime di violenza e i loro figli (Deliberazione 5 settembre 2016, n. 9/2016/G) nel quale, con l’incapacità di spesa delle risorse appostate, si è sottolineata la scarsa trasparenza ed inefficienza delle Regioni e il mancato esercizio di vigilanza da parte del DPO. 

E’ evidente oggi il bisogno di una svolta energica che non può che partire dalla riorganizzazione complessiva del quadro giuridico e politico di riferimento, dalla definizione di un piano strategico completamente nuovo capace di tenere al centro delle politiche la libertà delle donne e il ruolo cardine dei centri antiviolenza. Questa svolta non si potrà determinare senza la nostra presenza stabile e competente agli incontri promossi dal DPO nei diversi gruppi di lavoro nei quali siamo coinvolte, senza la nostra esperienza di lavoro a contatto con le donne, con i problemi reali della quotidiana operatività che vanno riportati nelle sedi decisionali. I centri antiviolenza nel loro essere soggetti di politica attiva sanno bene che per il sostegno dei percorsi di libertà e di autonomia delle donne è indispensabile gestire con le istituzioni una relazione di grande assertività e negoziazione, un’interlocuzione costante nella quale la strutturazione delle reti non perde mai di vista l’obiettivo di trasformazione culturale del contesto territoriale.

È la nostra storia che ci pone da protagoniste nel movimento “Non una di meno” ma ci chiama responsabilmente a partecipare alla redazione del nuovo Piano antiviolenza che non sarà più straordinario ma grazie alla voce delle donne sarà questa volta realmente costruito con l’impegno risoluto e persistente da parte delle donne.

*Cooperativa EVA, Santa Maria Capua Vetere