Scuola di politica –Darsi Parola

La politica dei Centri Antiviolenza D.i.Re

Terzo Seminario, L’Aquila 17, 18 e 19 giugno 2016

GRUPPO 2

Politica e servizio: le donne fanno “istituzione”?

Traccia di lavoro e discussione a cura di:
Giuliana Pincelli

Il Gruppo 2 in realtà non è riuscito a partire in tempo e a trasformare e raccogliere in lavoro collettivo le numerose adesioni e dichiarazioni di interesse per il tema che ci sono venute da molte.

Si è deciso comunque di mantenere in programma per il Seminario de L’Aquila l’argomento su cui proponiamo una traccia di discussione elaborata da Giuliana Pincelli, con l’indicazione di alcune questioni che speriamo capaci di sollecitare discussione e approfondimenti sia in fase preparatoria, sia nello svolgimento del Seminario stesso.

•    Partiamo dalla realtà dei Centri che, pur nelle diversità di storie, contesti, forme giuridiche, ecc. oggi possiamo dire che  si sono assicurati una stabilità e una durata nel tempo, che godono di finanziamenti pubblici ( non importa se erogati sotto la forma della convenzione, dell’appalto, del finanziamento di progetti, della corresponsione di rette, ecc. Non che le diverse forme di finanziamento siano da considerare tutte uguali, ma dal punto di vista che ci interessa ora, questo ha un’importanza relativa), che utilizzano lavoro retribuito, che sono in grado di fornire alle donne in difficoltà un aiuto continuativo e risposte a diversi livelli. E’ vero che ancora parecchi Centri non hanno queste caratteristiche ma è vero  anche che fanno di tutto per raggiungerle e speriamo che riescano a realizzarle.
Che cosa è cambiato quando abbiamo superato la fase del gruppo informale, delle attività solo o prevalentemente svolte da attiviste/volontarie per diventare quello che siamo oggi? Quali i guadagni? Quali le perdite?

•    Quando diciamo  istituzione, non ci riferiamo ovviamente alle istituzioni pubbliche, alle articolazioni dello Stato, che sono le realtà con le quali ci misuriamo e sul rapporto con le quali ci interroghiamo in continuazione e da cui ci sentiamo distanti e spesso conflittuali.

•    Tuttavia, se ci riconosciamo come istituzioni, dobbiamo cominciare a chiederci se stiamo assumendo anche le caratteristiche che sono proprie delle istituzioni in generale. Penso a caratteristiche quali: specializzazione degli ambiti di attività, professionalizzazione, strutture gerarchiche all’interno, tendenza a far prevalere la finalità della propria autoconservazione rispetto alle finalità originarie e rivolte all’esterno, ecc.  Molto illuminanti al proposito sono le analisi che Ota de Leonardis ha condotto sulle istituzioni: per questo ci siamo rivolte a lei perché ci aiuti, nel nostro Seminario, a districare una matassa di problemi molto complessi, e a sviluppare una presa di distanza critica e una consapevolezza dei meccanismi dai quali a volte rischiamo di essere agite.

Ad esempio, quale è il nostro comportamento di fronte a richieste e a sollecitazioni che ci vengono dalle istituzioni pubbliche, ma anche dai mass-media o da altri agenzie del sociale, e che ci individuano come “quelle che si occupano di violenza alle donne”? Siamo capaci di dire NO, di sottrarci quando sentiamo di non avere energie o anche interesse o motivazioni sufficienti? E’ l’interesse delle donne che si rivolgono a noi a farci da criterio per la scelta o la spinta a farci riconoscere come associazioni importanti nel territorio dove operiamo? E quando la scelta si pone tra crescita della propria presenza e mantenimento della qualità e della capacità politica, come ci comportiamo?

•    Ma, e questo non è assolutamente secondario, siamo una istituzione di donne, che persegue o dice di perseguire la finalità dell’incremento della libertà femminile, quindi si colloca nell’ambito della politica delle donne (dove sono presenti altre istituzioni di donne, quali i Centri doc. donne, le librerie, i Centri culturali di donne, ecc.).

Che cosa significa essere una istituzione di donne? Che cosa ci fa differenti dalle istituzioni in genere e da quelle pubbliche? Decliniamo in modo diverso i problemi e le caratteristiche sopra accennate? Lo facciamo spontaneamente o è una risposta consapevole ai rischi del divenire istituzione?

•    Necessità di interrogarsi sulle forme della democrazia e i modi in cui noi le viviamo, quando dalla fase di movimento passiamo a quella del divenire istituzione. E questo ci rimanda all’ineludibile problema di come ci poniamo rispetto al nostro potere (intendo quello che esercitiamo tra donne., all’interno delle nostre organizzazioni).

Come ci poniamo rispetto alla questione delle disparità tra noi (disparità di età, situazioni di vita, storie politiche, ecc.)? Quanto e come facciamo riferimento all’elaborazione che il pensiero della differenza ha prodotto sui nodi della disparità/autorevolezza/affidamento a partire dagli anni ’80?