Alice Degli Innocenti*

Non so se i miei genitori abbiano scelto appositamente il mio nome ma effettivamente calza a pennello con la mia vita. Sono nata è cresciuta in un mondo, dove il divertimento e far divertire è una professione, questa è una mia personale definizione di giostraio. Da uno sguardo esterno è veramente un bellissimo mondo, sempre sorridenti e pronti a farvi divertire, ma guardando più in profondità non è proprio cosi.

Siamo molte famiglie di origine Sinta, che come professione da diverse generazioni, hanno scelto lo Spettacolo Viaggiante. Ogni famiglia da quando nasci fino alla fine è il tuo mondo, un mondo a parte con una propria lingua, cultura e con tradizioni che rigidamente si cerca di tramandare.

Solo ora con le conoscenze che ho acquisito come volontaria del Centro antiviolenza, posso dire che per le donne in particolare è una vita molto difficile piena di doveri e pochi diritti, dove per uscire dalla famiglia o da un padre eccessivamente padrone l’unica via è il matrimonio o la “fuitina”, spesso le ragazze sono molto giovani e se vergini ancora meglio. Per fortuna le nuove generazioni sembrano dare meno peso alla verginità della sposa.

Lavori fin da giovane per essere all’altezza del tuo compito e appena puoi ti sposi e fai figli per essere all’altezza del tuo ruolo. Non essere sposata a 30 anni oppure esserlo ma non avere figli non è ben visto, se non dai continuità alla famiglia a cosa servi! Fin da giovane trovavo molte cose ingiuste, quante volte mi son sentita ripetere… “ma tu questa cosa non la puoi fare sei una donna”, si una donna abituata a lavorare come un uomo però.

La vita vuole che i miei genitori decisero di fermarsi con la giostra in una città in modo stabile, catapultata da un mondo ad un altro capii che a differenza di tante avevo l’opportunità di proseguire i miei studi, cosa normalmente evitata perché sei figli studiano poi si allontanano. Mi ritrovai ad appassionarmi alla condizione delle donne in molte culture e religioni.

Il mio primo gesto eclatante d’indipendenza fu partire subito dopo la laurea per la Tunisia per studiare l’arabo. Doveva essere una breve sosta invece divenne una seconda patria per me, per ben 8 anni. A Tunisi ho vissuto il pre ed il post “Primavera Araba”, le battaglie combattute dalle donne una volta salito al potere il partito islamico, per non riammettere la “poligamia”, l’imposizione del “niqab e il progetto legge che voleva la donna “complementare” all’uomo. Scoprivo delle ingiustizie che non mi davano pace , dove la vittima era sempre e solo La Donna.

Volevo assolutamente fare qualcosa cosi rientrata in Italia scelsi un master sui diritti umani e le relazioni internazionali a Roma. Stavo andando alla mia prima lezione, era il 14 febbraio 2013, quando sulle scalinate di piazza di Spagna vidi tante donne che si stavano preparando al “one billion rising” , mi intrufolai subito nel gruppo e li per la prima volta sentii nominare La Convenzione d’Istanbul. Non mi sembrava vero una convenzione che dichiarava la violenza contro le donne come un crimine contro l’umanità.

Mi ricordo ancora che corsi dal prof di diritto chiedendo informazioni e lui non sapeva nemmeno cosa fosse, solo dopo qualche mese il nostro governo la firmò ma si vede che non era interessante per quel professore. Mi documentai e la convenzione d’Istanbul divenne argomento della mia tesi.

Come tirocinio scelsi di lavorare gomito a gomito con chi aveva ideato e avrebbe reso efficace queste norme che avrebbero finalmente tutelato le donne vittime di violenza in modo efficace. L’esperienza di Strasburgo anche se breve, è stata molto importante. Li ho capito che il vero lavoro doveva essere svolto in casa ed erano i nostri centri antiviolenza il motore principale che avrebbero dato vita al cambiamento.

Scusatemi ma fino ad allora non sapevo della vostra esistenza vorrei avervi conosciute prima, vorrei che mia madre e tutte le donne della mia famiglia ne fossero state a conoscenza perché le botte non sono meritate perché rispondi o perché parli troppo…e non è una questione privata.

Da quando ho conosciuto le grandi donne di VivereDonna , mi si è aperto un mondo che non pensavo esistesse ho capito che se non sono io la prima a spezzare il silenzio come posso chiederlo alle altre.

Sono Alice, ho 30 anni e sono volontaria del centro antiviolenza VivereDonna Onlus di Carpi. Un centro relativamente giovane che da pochi anni è entrato a far parte del coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna e della più vasta famiglia di D.i.Re. Siamo operative su un territorio molto ampio conosciuto come “Unione Terre d’Argine” che racchiude 4 comuni con una popolazione totale di 104.000 abitanti.

Voglio ringraziare Anna Pramstrahler che mi ha dato l’opportunità di rendere pubblica la mia storia e ringrazio tutte voi per l’importantissimo lavoro che quotidianamente svolgete.

*Centro antiviolenza VivereDonna Onlus, Carpi